Nel cervello la regia della salute del corpo e della mente. Se è vero che la salute mentale è un concetto ampio che si riferisce a uno stato di benessere generale dell’individuo e non si esaurisce nella mera assenza di patologia o di disagio di qualsiasi genere, allora è bene ricordare che la depressione è una patologia che condiziona a 360 gradi la vita di chi ne soffre. Soffrire di depressione significa anzitutto convivere con un disturbo che comporta molto dolore interiore.
Cosa significa soffrire di depressione farmacoresistente oggi?
A questa domanda ha risposto la Dottoressa Beatrice Casoni, Specialista in Psichiatria e Direttore Sanitario della clinica Neurocare di Bologna.
“Chi ha una forma di depressione, o ha avuto esperienza con un amico o un familiare depresso, sa che trovare una via d’uscita può essere difficile. Soprattutto se la depressione è resistente ai farmaci. A questo, si aggiungono anche altre problematiche, come le frequenti assenze dal lavoro, l’interferenza nella vita sociale, la difficoltà ad occuparsi di sé, della propria famiglia, della casa. Dalla fine degli anni Novanta, grazie ai progressi della ricerca scientifica, sono emerse nuove terapie per la depressione. In particolare, la Stimolazione Magnetica Transcranica nel 2008 è stata approvata dalla Food&Drug Administration degli Stati Uniti d’America come trattamento di classe A per la depressione. Successivamente, ha ricevuto l’approvazione anche dall’Unione Europea, tramite marchio CE.
Che cosa si intende con “stimolazione magnetica transcranica”?
“La stimolazione magnetica transcranica è un trattamento per modulare l’attività cerebrale in modo non doloroso e non invasivo. Può essere utile nel trattamento della depressione maggiore resistente ai farmaci. Una medicina di precisione che integrandosi con le terapie tradizionali ci permette di personalizzare il trattamento sul singolo paziente. La TMS è in grado di modulare la comunicazione tra i neuroni della specifica area del cervello deputata al disturbo che si vuole trattare. La terapia è indolore e funziona applicando un campo magnetico attraverso una bobina (coil di stimolazione), posta sul capo del paziente”.
Chi si occupa di questo e verso quali orizzonti terapeutici ci apre la Stimolazione Magnetica Transcranica?
“La stimolazione magnetica è una terapia di precisione”, conclude l’esperta. “Se pensiamo al farmaco sappiamo che, arrivato nello stomaco, entra nel circolo sanguigno e attraversa diversi organi, provocando spesso effetti collaterali. Al contrario dei farmaci invece, la stimolazione magnetica viene applicata direttamente ed esclusivamente sull’attività dei neuroni della zona cerebrale sulla quale vogliamo intervenire. La Neurocare Clinic di Bologna fa parte del gruppo internazionale Neurocare, presente con oltre 18 cliniche nel mondo e dal 2020 si occupa di neuromodulazione, proponendo trattamenti integrati per la cura di disturbi psichiatrici e neurologici. I percorsi Neurocare sono personalizzati in base alle esigenze del singolo paziente e prevedono trattamenti di neuromodulazione, psicoterapia e terapie farmacologiche, per ottenere la miglior efficacia possibile”.
Di questo tema si è discusso il 15 Marzo nell’ambito di un simposio intitolato “Il cervello regista della salute” nell’ambito della Settimana Mondiale del Cervello, un appuntamento che va in scena ogni anno nel mese di Marzo. Anche nel 2023, dal 13 al 19 Marzo -in tutto il mondo- un ricco calendario di appuntamenti ha animato il programma della Settimana del Cervello (Brain Awareness Week) una celebrazione fuori dal comune e dagli schemi. Per una settimana tutto il mondo ha fattoquadrato per raccogliere una sfida globale lanciata dalla Dana Alliance for Brain Initiatives che dà l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle scienze del cervello e sull’importanza della ricerca in questo ambito. In Italia la Settimana del Cervello è promossa da Hafricah.NET, portale di divulgazione neuroscientifica che dal 2007 fa divulgazione dei più recenti studi del settore, attraverso la raccolta degli eventi sul sito ufficiale della Settimana del Cervello.
Le interconnessioni tra cervello e intestino
Il simposio ha permesso di sviluppare anche un secondo importante tema: le interconnessioni tra cervello e intestino. L’asse intestino-cervello (gut-brain axis) consiste nella comunicazione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale e quello enterico (ENS), collegando i centri emotivi e cognitivi del cervello con le funzioni intestinali periferiche.
Quali sono le interconnessioni tra cervello ed intestino? Lo abbiamo chiesto al Professor Giovanni Marasco Gastroenterologo e Dirigente Medico presso IRCCS S. Orsola, Ricercatore presso l’Università di Bologna e Referente scientifico Schwabe Pharma Italia.
“L’intestino è il più grande organo dell’uomo con funzione endocrina e immunitaria; inoltre ospita la più ampia comunità batterica commensale. Si stima che ci siano 100 milioni di neuroni solo nell’intestino tenue umano, rendendo il sistema nervoso enterico (ENS) il distretto a più ampia concentrazione di neuroni e glia al di fuori del cervello. Ogni neurotrasmettitore presente a livello del sistema nervoso centrale si trova anche nell’ENS. Tuttavia, l’intera estensione e funzionalità dei circuiti neuronali enterici rimane ancora da comprendere completamente.
Il dialogo tra intestino e cervello dunque professore come influenza la salute?
“Recenti evidenze suggeriscono un ruolo centrale del microbiota (la flora batterica che popola l’intestino) intestinale nell’influenzare le comunicazioni tra cervello e intestino. L’interazione tra microbiota e GBA sembra essere bidirezionale, vale a dire attraverso l’invio di segnali dal microbiota intestinale al cervello e dal cervello al microbiota intestinale mediante collegamenti neurali, endocrini, immunitari e umorali. Per queste ragioni l’intestino può influenzare l’umore, le funzioni cognitive e la salute mentale”.
Non ci resta che capire come l’intestino possa influenzare la salute mentale.
“Alcuni disturbi dell’umore, come l’ansia e la depressione sono collegati con alcuni disturbi gastrointestinali come la diarrea o la stipsi. Parallelamente, le malattie gastrointestinali, come ad esempio la sindrome dell’intestino irritabile, spesso si presentano in associazione a comorbidità psicologiche. In entrambi i casi, i dati più recenti mostrano che è presente una alterazione del microbiota intestinale. Ulteriori evidenze dimostrano come la modulazione del microbiota intestinale, ad esempio mediante la dieta o l’uso di probiotici, possa influenzare le funzioni cognitive e la salute psicologica dei soggetti”.
La giornata del 15 Marzo dedicata alle neuroscienze ha permesso di sviluppare anche un ulteriore relazione nel campo della salute mentale quella del cervello in relazione al trauma.
Cosa provoca a livello neurobiologico un trauma nel cervello? Quale è il contributo dell’EMDR alla psicoterapia?
A questa domanda risponde la Dottoressa Isabel Fernandez Presidente Associazione EMDR.
“L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è stato utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici ad oggi è considerato il trattamento evidence-based per il DSPT (Disturbo da Stress Post Traumatico), validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma”.
“L’obiettivo- prosegue l’esperta- è di mettere in luce il ruolo del trauma nella psicopatologia e il contributo dell’EMDR in ambito clinico, con un particolare focus ai diversi ambiti di ricerca. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito allo sviluppo di conoscenze, strumenti, linee guida internazionali che hanno rilevato l’importanza di interventi psicologi con il metodo EMDR in situazioni traumatiche individuali e collettive.
L’EMDR come trattamento ci aiuta ad andare dal trauma alla resilienza, lavorando sia sull’individuo che sulla comunità, soprattutto per i minori e le popolazioni più esposte che hanno bisogno interventi psicologici specialistici. La letteratura scientifica in questo campo sottolinea l’importanza di intervenire nelle varie fasi del trauma in modo da prevenire disturbi mentali, di neutralizzare fattori di rischio e soprattutto di promuovere la capacità di adattamento e di crescita post-traumatica. Studi di impronta neurobiologica e clinica convergono nel confermare un impatto importante dell’EMDR sulle patologie che interessano il sistema limbico. I nostri studi si sono focalizzati sui meccanismi disfunzionali che causano la sindrome da stress post-traumatico e su come l’EMDR agisca nel disinnescare il circolo vizioso che li alimenta. Più recentemente abbiamo evidenziato il ruolo determinante dell’EMDR nel ridurre i sintomi dei disturbi d’ansia e da stress nel caso dei traumi vicari”.