La vaccinazione contro il COVID-19 degli operatori sanitari è requisito imprescindibile per svolgere l’attività professionale. Deve sussistere inizialmente, ai fini delle iscrizioni all’albo, e deve poi permanere nel tempo, pena la sospensione dall’esercizio della professione. Pertanto, la sospensione ex lege dall’esercizio dell’attività professionale per la mancata vaccinazione non può che considerarsi come sospensione tout court e non limitata alle attività a contatto con le persone. Inoltre, un eventuale ricorso alla Cceps Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie non potrà avere, in nessun caso, effetto impeditivo dell’applicazione di questa sospensione, che non è una sanzione disciplinare.
È quanto torna a chiarire il Ministero della Salute con l’invio, a tre mesi dalla precedente comunicazione, a tutte le Federazioni degli Ordini delle professioni sanitarie una circolare esplicativa.
La circolare del Ministero della Salute fa chiarezza su una serie di quesiti posti dalle Federazioni attorno alla corretta interpretazione dell’articolo del Decreto Legge 44 che stabilisce “obblighi vaccinali per le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario”. In particolare, prevede “espressamente che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”.
Dall’atto di accertamento da parte dell’ASL dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale, “cui consegue annotazione nell’albo, non può che discendere per il sanitario medesimo la sospensione ex lege dall’esercizio dell’attività professionale sanitaria tout court”. Ferma restando la sospensione, il datore potrà adibire il dipendente ad altre mansioni diverse da quelle sanitarie proprie del profilo di appartenenza purché non implichino contatti interpersonali con utenza”.