martedì 14 Gennaio 2025

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Un nuovo me forte e gentile. Ripartire dal ben-essere emotivo per un progresso personale e sociale

È questo il tempo di chi è “forte e gentile”, di chi è in grado di gestire le proprie emozioni.

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Un nuovo me forte e gentile. Ripartire dal ben-essere emotivo per un progresso personale e sociale.

In questi ultimi due anni siamo stati tutti esposti a una sovrastimolazione emotiva.
Il diffondersi rapido e incessante della pandemia e con esso il continuo bollettino dei decessi, il senso di precarietà che ne consegue, la paura, la confusione, la costrizione, la sfiducia, l’aggressività tra pari, tutto ha impattato sul nostro equilibrio psicofisico e relazionale. Gli ambulatori si riempiono di richieste di ansiolitici, a dimostrare l’incidenza sulla quotidianità della sindrome da stress post traumatico. Oltre al nostro fisico, oltre alla nostra spensierata libertà, a essere messo a dura prova è anche il nostro mondo emotivo. Una delle dinamiche più impressionanti in questo tempo di crisi è la velocità con la quale avvengono cambiamenti importanti (aperture, chiusure, terza dose , super green pass, nuovi focolai): ci dobbiamo abituare a una instabilità che non dà pace cui consegue uno stress sempre più pervasivo. È questo il tempo di chi è “forte e gentile”, in grado di gestire le proprie emozioni, ma soprattutto di diffondere uno spirito di resistenza nei luoghi di vita e di servizio.

Ma a che servono le emozioni se sono ciò che, apparentemente, sembra farci stare male? E come non essere travolti da mareggiate emotive?

Le emozioni sono l’essenza della qualità e della varietà delle esperienze umane; senza la capacità di emozionarsi la vita non avrebbe né colore né spessore. Ovvio, perciò, considerare l’emozione un processo che permette di conoscere meglio la realtà, ovvero una forma evoluta di apprendimento. Al tempo stesso, la connotazione emotiva della realtà e del nostro essere nel mondo ci fornisce il senso della nostra unicità e originalità. Ma c’è di più. Le emozioni non provengono dal mondo della ragione, non sono “giuste” o “sbagliate”, o non proviamo emozioni che non avrebbero motivo di esistere, così come non hanno valenza morale. Esse sono. Proviamo emozioni indipendentemente dalla nostra volontà o intenzionalità. Per questo è impensabile combatterle o giudicarle o scontrarsi su di esse: piuttosto sono i comportamenti che ne discendono che hanno la possibilità di poter essere controllati, modificati, e orientati verso un fine.

Un nuovo me forte e gentile
©VAKSMANV – stock.adobe.com

Ogni atto della vita, che se ne sia consapevoli o no, è accompagnato (o deriva) da un’emozione. La stessa radice etimologica della parola emozione ci dice che le emozioni possono essere considerate come un sistema di orientamento, biologicamente determinato che, di continuo, guida l’azione: sono, pertanto, il nucleo del processo motivazionale e della tendenza all’azione. Potenziare la consapevolezza delle emozioni è quindi un mezzo per accrescere la latente capacità di soluzione dei problemi, e acquisire padronanza sulla propria vita. Riconoscere e sperimentare le emozioni ci permette di avere il potere personale di esprimerle, modularle, gestirle a tutto vantaggio nostro e del nostro ambiente. Ci permette di fare le scelte giuste, di assumere comportamenti mediati dalla ragione e che tengano in conto la presenza dell’altro. Infatti, le emozioni ci orientano e ci guidano sia nel processo di individuazione e differenziazione dall’altro, che nel processo di connessione all’altro. La consapevolezza delle nostre emozioni permette il contatto con i bisogni individuali e comunitari, fa attivare il contatto con l’ambiente e persino con l’intero pianeta. Le emozioni, pertanto, vanno portate alla luce e vissute con consapevolezza e con responsabilità verso se stessi, ovvero verso il proprio equilibrio psicofisico, e verso gli altri ai quali siamo legati nel quotidiano.

La consapevolezza delle emozioni rende possibile contestualizzarle

Nonostante sia importante – e costituisca anche parte del lavoro nei laboratori che conduco- incoraggiare la libera e consapevole espressione delle emozioni, perché una negazione delle stesse (nell’intento di salvaguardare rapporti e relazioni o semplicemente l’immagine di se stessi) porterebbe a un’anestesia dannosa per il nostro benessere e quello dei nostri legami, tuttavia dobbiamo fare un distinguo tra spontaneità e “presa di decisione” circa ciò che fare del nostro stato emotivo. E questo perché non tutte le risposte sono adattive. Vivere pienamente le proprie emozioni non vuol dire farsi travolgere dall’onda emotiva della rabbia, della malinconia, della paura o della gioia, esserne sequestrati fino a dare vita a reazioni (e non azioni!) che sfuggono al nostro controllo. Significa, piuttosto, scegliere come, dove, quando e se esprimerle. Significa essere consapevoli di ciò che ci sta accadendo “dentro” e poter scegliere cosa fare” fuori”; ed è proprio questo processo di consapevolezza che può fare delle emozioni un alleato nel processo di cambiamento. È dalla padronanza, intesa come integrazione cognitiva dei processi emotivi, che possono emergere nuove risposte creative e funzionali alle situazioni problematiche, per costruire un benessere sempre più radicato. E una nuova comprensione di sé stessi e del rapporto con gli altri.

Un nuovo me forte e gentile
©Halfpoint – stock.adobe.com

Forza e gentilezza

Alla luce di quanto appena premesso, le parole forza e gentilezza assumono un significato che va ben oltre quello loro attribuito comunemente, rappresentando la tappa finale di un percorso di conquista e realizzazione delle potenziali qualità umane. La forza è quella capacità di dare solidità alla propria vita attraverso il potere della scelta: potere che, come abbiamo visto, nasce proprio dal benessere emotivo, ovvero dalla consapevolezza e dalla padronanza emotiva, che sono strumenti al servizio della volontà, la più potente forza attualizzante, quella che permette di dare sostanza al desiderio e all’intenzione. Nel mio lavoro, nel mondo che vorrei tutti contribuissimo a creare, essere forti non significa non provare mai sconforto, non avere mai dubbi, non sbagliare mai o non avere momenti di esitazione e stanchezza. Essere forti vuol dire resistere trovando un senso e un’opportunità in tutto ciò, rinascere a tutto questo con rinnovata determinazione ritrovando una salda motivazione nella propria consapevolezza emotiva. Vuol dire sapersi ascoltare, mettersi in discussione cercando, sempre più nel profondo di sé stessi, chiarezza e coerenza. Vuol dire accogliere e integrare le sconfitte e gli errori trasformandoli in nuove opportunità di apprendimento ed in saggezza. E ciò è possibile quando la forza scaturisce dalla consapevolezza e dalla padronanza di sé, dalla capacità di padroneggiare le proprie emozioni traducendole in azioni costruttive. La persona forte non è quella che non cade mai, quanto piuttosto quella che si dà il giusto tempo per rialzarsi dopo ogni caduta, con rinnovata energia.

E che cosa ha a che fare la forza con la gentilezza?

Molto. Perché la vera gentilezza è l’attitudine di chi si è preso cura del proprio ben-essere, ha sperimentato il bene e non può che agirlo. Ben-essere inteso come qualcosa di più del semplice star bene, della salute sia essa fisica, psichica e relazionale. Il ben-essere che voglio promuovere ha a che fare con la nostra natura più profonda di esseri umani, che può essere rivelata e agita una volta che abbiamo riconquistato la padronanza e l’equilibrio emotivi. È promuovere il bene, farsi artefice di cose buone e sane, di scelte, azioni, relazioni buone in perfetto equilibrio con il nostro “essere” più profondo. Quello alla gentilezza non è pertanto un invito al buonismo passivo, quanto piuttosto alla cura di quel sé profondo, saggio, generoso ed armonioso, che ci permette di lottare contro le ingiustizie o le difficoltà di ogni genere con forza, coraggio e determinazione, affrancandoci dall’odio e dal rancore che ci procurano indicibili sofferenze e nessun vantaggio. Non è, infatti, né dall’odio o dal rancore, né dalla prepotenza o dall’arroganza, che viene la nostra forza. La gentilezza è un modo autentico di essere e di concepire la vita, di stare al mondo avendo cura del proprio benessere, del benessere degli altri e persino dell’ambiente. La gentilezza è un insieme di qualità che ci permettono di entrare in reale contatto con gli altri, di riconoscere un valore a ogni essere vivente. Gentile è l’attenzione non giudicante, la cura che rivolgiamo tanto a noi stessi (corpo e spirito) quanto agli altri. Gentile è il senso di appartenenza ad un unico “essere”, è presenza partecipata alla vita e sereno stupore verso ciò che è altro. Gentile è il desiderio di andare incontro all’altro con meraviglia e accettazione. Gentilezza è serenità e saggezza.

Un nuovo me forte e gentile
©Roman – stock.adobe.com

Decidere di operare un cambiamento e imboccare la via della gentilezza potrebbe consentirci di ricostruire il tessuto sociale ancor oggi molto sofferente e diviso, e creare una nuova convivenza basata sull’accoglienza, la condivisione e il sostegno, favorendo così una migliore qualità della vita dove il benessere individuale si interseca con quello collettivo.

Rosarita Cipriani

Rosarita Cipriani
Immagine @Marco Traferri Editore

Rosarita Cipriani è Professional gestalt counselor, iscritta al registro RE.I.CO al n. 1641. Presidente e socio fondatore della cooperativa sociale di inserimento lavorativo Incontro di Mani, per la quale ha curato progetti di Intelligenza Emotiva nel lavoro di gruppo. Responsabile, per le Marche, dei progetti formativi dell’Associazione Amnis, rivolti alle aziende e alle grandi e piccole comunità. Collabora con l’Università di Chieti, cattedra di sociologia, con seminari sull’intelligenza emotiva. Conduce gruppi di consapevolezza e padronanza emotiva e di pratica del Metodo WELL di cui è ideatrice. Collabora con uno studio associato di Medicina Generale di Ancona.

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