La chiropratica: terapia ed educazione. Intervista al dr. Joseph Luraschi. Sentir parlare di chiropratica e pensare al mal di schiena o ai disturbi della cervicale è un processo ormai automatico. Un giro su YouTube e ci accorgiamo di come, dai tanti video che popolano il noto social network, la professione del dottore chiropratico sia spesso associata a questi disturbi. E ci accorgiamo di come, in quei video, si possa udire distintamente, sovente amplificato ad arte, quel rumore, quella specie di scrocchio che le nostre vertebre producono quando vengono manipolate, pardon aggiustate, dalle mani del chiropratico. Quei video, occorre dirlo, rischiano spesso di trasmettere verso il pubblico un’immagine distorta della disciplina fondata negli Stati Uniti, correva l’anno 1895, da Daniel David Palmer; una disciplina che oggi, negli States, conta oltre 70.000 professionisti e che in Italia annovera circa 400 chiropratici, buona parte dei quali membri dell’Associazione Italiana Chiropratici.
Sì, perché la chiropratica è molto più di quanto si possa pensare. E per tracciare un quadro il più possibile esaustivo della professione, dei suoi princìpi e del suo campo di azione, Salute Today ha intervistato uno dei chiropratici italiani più noti: Joseph Luraschi, dottore chiropratico, laureato in Inghilterra presso l’Anglo-European College of Chiropractic di Bournemouth, socio del centro Chiropratica CityLife Milano, membro dell’Associazione Italiana Chiropratici, chiropratico personale di molti personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo. Seguitissimo il suo profilo Instagram, con circa 35.000 followers.
Dottor Luraschi, cos’è la chiropratica?
La chiropratica è un’arte. Ma è anche una scienza e una filosofia di vita. In Italia, la chiropratica è una professione sanitaria di grado primario. Ed è un modo di vedere le cose diverso da tutti gli altri. E tengo a precisare che la chiropratica non è il di più di un qualcosa, non è una specializzazione di qualcos’altro. Non si diventa chiropratici studiando qualcos’altro per poi specializzarsi in chiropratica. Si diventa chiropratici studiando chiropratica, laureandosi in chiropratica.

È corretto definirla una tecnica?
No, neanche un po’. La chiropratica non è una tecnica, non è un qualcosa che qualcuno può fare. Io non faccio il chiropratico. Io sono chiropratico. Il chirurgo lo si è, non lo si fa.
E allora come vogliamo definirla?
La chiropratica è, insieme, terapia ed educazione. Il sostantivo chiropratica deriva dall’unione di due termini greci: χείρ, cheir, che significa mano e praxis, pratica. Dunque il chiropratico utilizza le sue mani per agire in maniera assolutamente non invasiva e senza l’utilizzo di farmaci al fine di aiutare l’organismo a ritrovare il suo equilibrio. Lo fa mediante quelli che noi chiamiamo aggiustamenti, movimenti rapidi, specifici, indolori, che vanno a rimuovere le cosiddette sublussazioni. Ma, come dicevo, la chiropratica è anche educazione.
In che senso?
Manca, in generale, la consapevolezza di come il nostro corpo abbia, grazie alla sua intelligenza innata, la capacità di guarirsi da solo. Il nostro organismo ha l’innata capacità di mantenere i suoi equilibri, di autoregolarsi, di autorigenerarsi e di ritrovare gli equilibri che di tanto in tanto perdiamo. Compito del chiropratico, dunque, è -oltre a quello di rimuovere le interferenze che generano squilibri nell’organismo- anche quello di far comprendere ai suoi pazienti questo principio fondamentale: il nostro corpo, se mantenuto in equilibrio, sa autoripararsi, e lo sa fare molto bene.
Soffermiamoci sugli squilibri. Da che cosa sono originati?
Gli squilibri possono essere originati da molti fattori: traumi, tossine, pensieri negativi, per citarne solo alcuni. Viviamo in un mondo caotico, andiamo di fretta, siamo sempre occupati, non riusciamo quasi mai a ritagliarci un po’ di tempo per ascoltare il nostro corpo, per capire quali segnali ci stia inviando, per capire cosa voglia comunicarci. Insomma, ci trascuriamo. E questo nostro trascurarci, dagli oggi e dagli domani, sfocia in un disturbo più o meno fastidioso. Prenda, per esempio, il mal di schiena. Un bel giorno ci alziamo dal letto e avvertiamo il classico dolore lancinante che ci impedisce ogni movimento. Quel dolore arriva sì all’improvviso ma, di norma, è la somma di chissà quanti e quali fattori che, trascurati, sono nel tempo sfociati in un disturbo fastidioso e invalidante quale è il mal di schiena.

Ed è lì che interviene il chiropratico?
Sì, grazie alla sua manualità, il chiropratico invia specifici stimoli al cervello affinché il cervello stesso risponda. Tra il chiropratico e il sistema nervoso centrale del paziente si instaura un vero e proprio dialogo. E qui entra in gioco la sua professionalità, la sua rigorosissima preparazione. Il chiropratico si forma in corsi quinquennali di laurea magistrale durante i quali sono previste molte ore di pratica clinica. Non si diventa dottori chiropratici in un fine settimana. Il percorso di formazione è lungo, approfondito e molto rigoroso. Ma, oltre a ciò, il chiropratico entra in gioco anche con la sua empatia. Siamo chiropratici perché desideriamo prenderci cura delle persone, metterci nei loro panni, curarle sì ma anche rassicurarle.
Voi chiropratici utilizzate unicamente le mani o fate uso anche di specifici strumenti?
Partiamo da una premessa: il chiropratico esce dall’università con le capacità manuali di lavorare senza dover ricorrere ad alcuno strumento. Sa come utilizzare le mani, e -grazie alla sua preparazione- è del tutto indipendente da qualsiasi strumento. Tuttavia, in alcune circostanze, e per facilitare certi aspetti del suo lavoro, per esempio in occasione della prima visita, alcuni ricorrono all’utilizzo di specifici strumenti sia di natura diagnostica che terapeutica, quali per esempio i cosiddetti blocchi sacro-occipitali utilizzati nella clinica quotidiana. Ci sono poi le speeder board, che si utilizzano sulle estremità: polsi, caviglie, ginocchia. Alcuni utilizzano poi dei vibromassaggiatori che hanno il compito di rilassare il muscolo e di prepararlo all’aggiustamento chiropratico. Piuttosto diffuso è inoltre, l’utilizzo dell’Activator.
Che cos’è l’Activator?
È uno strumento di precisione che serve a esercitare una specifica pressione, uno stimolo, mediante un “colpo” regolabile in intensità, in forza e in escursione. È una sorta di martelletto dotato di una molla e di una testa in gomma, dunque del tutto indolore, mediante il quale il chiropratico trasmette specifici impulsi. Lo si utilizza anche su pazienti fragili, bambini, neonati, pazienti geriatrici. Ne esistono di vari tipi, per esempio automatici che tirano più colpi simultaneamente, quelli con la testina doppia ecc. Li si possono utilizzare su varie zone del corpo, anche quelle dolenti, o sui cosiddetti trigger point ovvero i punti di agglomerazione delle fibre muscolari. Tuttavia, i chiropratici che intendono utilizzarlo devono necessariamente passare attraverso un corso di formazione istituito dal produttore stesso.

Concludiamo tornando a temi più ampi: quali sono i campi di azione della chiropratica?
Questa domanda meriterebbe risposte molto articolate e approfondite. Finché siamo vivi possiamo beneficiare dei controlli e degli aggiustamenti chiropratici. Il chiropratico non cura i sintomi ma, come dicevamo, individua le interferenze e le rimuove istituendo un vero e proprio dialogo con il sistema nervoso del paziente. E quando si eliminano tali interferenze, il nostro organismo ritrova naturalmente i suoi equilibri. A volte, quando non avvertiamo alcun dolore, alcun sintomo, facciamo l’errore di credere che non abbiamo alcun bisogno di rivolgerci al chiropratico. Niente di più sbagliato. La chiropratica, spesso, può farci stare molto meglio di quanto stiamo ora, anche se non avvertiamo specifici fastidi.