Meno trasfusioni di sangue nei pazienti supportati con ossigenazione extracorporea a membrana. Uno studio denominato ProtEcmo, in pubblicazione nei prossimi giorni dalla rivista scientifica inglese The Lancet respiratory medicine, dimostra che se un paziente supportato con Ossigenazione extracorporea a membrana – Ecmo ha un livello di emoglobina più basso rispetto agli standard, non è detto che debba essere sempre sottoposto a trasfusione. La ricerca porta la firma di Gennaro Martucci, medico del dipartimento di Anestesia e Terapia intensiva dell’Ismett di Palermo, e del suo direttore Antonio Arcadipane.
Meno trasfusioni di sangue nei pazienti supportati con ossigenazione extracorporea a membrana
Gennaro Martucci spiega come questa ricerca sia in corso da alcuni anni, in collaborazione con 41 centri internazionali in tutto il mondo. È stata analizzata la possibilità di ridurre l’uso delle trasfusioni di sangue durante l’Ecmo. Questo studio è divenuto di interesse internazionale, dovuto anche dall’emergenza di sangue di questa estate, in quanto oltre cento soggetti all’Ismett hanno avuto necessità di sottoporsi all’ossigenazione extracorporea a membrana.
L’anestesista dell’Ismett dichiara: “I risultati ci dimostrano che un uso diciamo più ragionato e più giudizioso della risorsa sangue è possibile in presenza anche di pazienti supportati da Ecmo. Di solito – prosegue Martucci – il trattamento con Ecmo in passato si caratterizzava per l’alto numero di trasfusioni, mentre con lo studio prospettico e multicentrico, condotto in collaborazione con il direttore Arcadipane, dimostra che l’attuale pratica prevede soltanto un numero di trasfusioni nel 30% dei casi. Dunque, possiamo accettare livelli di emoglobina più bassi rispetto a quelli tradizionali. Immaginate quanto risparmio di sangue si potrà conseguire”.