Il digiuno intermittente: cos’è e quali sono i suoi benefici. Sull’alimentazione si sente dire un po’ di tutto. Al giorno d’oggi è possibile trovare informazioni in un batter d’occhio e questo ha alzato notevolmente il livello di sensibilità rispetto a tematiche legate alla salute.
Siamo più consapevoli di ciò che arriva sulla nostra tavola e siamo diventati bravi a leggere le etichette, a scegliere il biologico o la verdura del contadino a km 0. Sappiamo che ogni aspetto è importante, dalla qualità del cibo alla sostenibilità, fino all’aspetto più edonistico e a quello conviviale. Le porzioni sono ciò che ci permette di mantenere il peso corporeo.
Abbiamo quindi bene a mente il cosa, il come e il quanto. Ma il quando? Quand’è il momento migliore per mangiare? Cosa cambia?
Il digiuno intermittente
La scienza ci racconta cose interessanti a riguardo. Innanzitutto tendiamo a mangiare a orari variabili, dalle 8 del mattino fino alle 10 di sera, una finestra di tempo di 12-14 ore. Si è visto da studi che ridurre l’ampiezza di questa finestra porta a miglioramenti importanti dello stato di salute. Si utilizza così il digiuno intermittente (IF), una strategia dietetica che consiste in periodi di digiuno alternati a periodi di alimentazione libera.
Il digiuno intermittente: il Time Restricted Feeding (TRF)
Un po’ meno conosciuto è il Time Restricted Feeding (TRF), una tipologia di digiuno intermittente che prevede una finestra di 4-12 ore in cui si mangia senza restrizione calorica. Negli esseri umani viene chiamata Time-Restricted Eating (TRE). La strategia più comune è la 8/16, che prevede 8 ore in cui si può mangiare e 16 ore di digiuno. Si possono scegliere due tipologie di intervento, una precoce in cui si salta la cena e una tardiva in cui si salta la colazione.
Saltare la cena alle volte risulta più problematico in virtù del fatto che è il pasto che si tende a consumare riuniti in famiglia, dal punto di vista sociale diventa difficile, ma tra le due si è rivelata essere la più efficace.
Quali sono gli effetti di questa strategia dietetica?
Gli studi indicano una perdita del 3% della massa grassa, a seguito dell’aumento dell’adiponectina, un ormone prodotto dal tessuto adiposo in grado di aumentare il dispendio energetico, ne consegue un calo della glicemia e una ridotta insulino-resistenza. Sono stati riscontrati anche un calo del valore del colesterolo LDL e dei trigliceridi. In uno studio gli effetti di riduzione della pressione in pazienti che hanno utilizzato il TRE sono stati paragonati al trattamento con un farmaco diuretico.
Tutto indica che TRE generi un effetto metabolico intrinseco il cui meccanismo principale si ipotizza coinvolga l’orologio circadiano. Numerose evidenze ci parlano di come l’alterazione dei nostri ritmi porti ad obesità e a problemi metabolici.
Ma cosa c’entra il nostro orologio con quello che mangiamo? Lo racconterò nel prossimo articolo.
Erica Rosati
Erica Rosati, biologa, si laurea nel 2013 in Scienze Erboristiche e dei Prodotti della Salute, classe delle lauree in Scienze e Tecnologie Farmaceutiche, all’Università degli Studi di Parma. Si laurea poi con Lode in Scienze della Nutrizione Umana, curricula Nutraceutica al San Raffaele di Roma con una tesi dal titolo Ruolo del Microbioma nella Tolleranza Alimentare e possibile utilizzo di Nutraceutici nella modulazione della Risposta Immunitaria. Esercita la professione di biologa nutrizionista nel suo studio di Traversetolo, in provincia di Parma