Microbiota e disordini autoimmuni. Quando il sistema immunitario dirige le proprie forze contro le componenti del nostro organismo, abbiamo lo svilupparsi di patologie autoimmuni. Non siamo sicuri del perché accada, un’ipotesi prende in considerazione la similitudine strutturale tra le nostre proteine e quelle degli agenti infettivi e questa somiglianza potrebbe confondere il nostro sistema immunitario.
Cellule T autoreattive trovate nel liquido cerebrospinale di pazienti con sclerosi multipla, patologia caratterizzata da infiammazione cronica associata a demielinizzazione del sistema nervoso, reagivano con antigeni (proteine con azione attivante il sistema immunitario) espressi nei nostri batteri commensali. Questo dimostra che l’alterata permeabilità intestinale che si verifica a seguito dello squilibrio della nostra flora residente, permettendo il passaggio di molecole come gli antigeni batterici nella lamina propria, attivi il sistema immunitario e questo potrebbe portare allo sviluppo di patologie autoimmuni.
Quello che sappiamo è che i nostri batteri sono in grado di modulare il sistema immunitario contribuendo alla sua maturazione e attivazione. In patologie autoimmuni come la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, il diabete di tipo 1 e il lupus abbiamo diversi pattern di microbiota intestinale.
Microbiota e disordini autoimmuni: la sclerosi multipla
Nella sclerosi multipla (SM), abbiamo una riduzione del genere Prevotella e Parabacteroides, ceppi in grado di attivare linfociti regolatori in grado di sopprimere l’infiammazione. Akkermansia muciniphila, famosa per la sua capacità di degradare il muco intestinale, è generalmente aumentata nei pazienti affetti da questa patologia.
Nella SM vi è un incremento delle cellule Th17 infiammatorie nel sangue e nel liquido cerebrospinale, e di contro un decremento di quelle T regolatorie con capacità anti-infiammatoria. Il ruolo del microbiota nel modulare questi sottotipi di cellule T è stato investigato sui topi da laboratorio, ed è stato dimostrato, come dicevamo prima, che le cellule autoreattive prima di migrare nel sistema nervoso avevano avuto interazione con i batteri residenti nel microbiota intestinale, e che la somministrazione di probiotici specifici riduceva i markers infiammatori già dopo un paio di mesi.
La prevalenza della sclerosi multipla nei paesi occidentali è 80 volte superiore rispetto all’Africa, ipotizzando che la Western-Diet, dieta caratterizzata da un’alta percentuale di grassi e povera di fibre, possa avere un ruolo nella patogenesi della malattia. È stato dimostrato come diverse componenti nutrizionali abbiano un diverso impatto nella neuro-infiammazione. Le abitudini alimentari pre-industriali potrebbero avere dei benefici in questo senso.
La modulazione del microbiota potrebbe essere usata come un approccio per stabilizzare i sintomi neurodegenerativi, per la prevenzione del disturbo in soggetti a rischio o per promuovere un’attiva rimielinizzazione invertendo gli eventi che mantengono la patologia.
Erica Rosati
Erica Rosati, biologa, si laurea nel 2013 in Scienze Erboristiche e dei Prodotti della Salute, classe delle lauree in Scienze e Tecnologie Farmaceutiche, all’Università degli Studi di Parma. Si laurea poi con Lode in Scienze della Nutrizione Umana, curricula Nutraceutica al San Raffaele di Roma con una tesi dal titolo Ruolo del Microbioma nella Tolleranza Alimentare e possibile utilizzo di Nutraceutici nella modulazione della Risposta Immunitaria. Esercita la professione di biologa nutrizionista nel suo studio di Traversetolo, in provincia di Parma.